Foxconn ha ordinato a oltre 300 dipendenti cinesi di rientrare dalla produzione di iPhone in India. La decisione interessa la stragrande maggioranza dello staff cinese presente negli stabilimenti indiani, lasciando nel Paese solo alcuni membri di supporto provenienti da Taiwan. Le motivazioni dietro a questo rientro massiccio non sono state rese pubbliche, ma i segnali suggeriscono tensioni strategiche tra Pechino e Nuova Delhi su know-how e produzione tecnologica.
Il gigante taiwanese è da anni il principale partner di assemblaggio di Apple, e negli ultimi tempi ha intensificato la presenza produttiva in India. La scelta, condivisa dalla stessa Apple, punta a ridurre la dipendenza dal colosso cinese, mitigando i rischi legati ai dazi USA e alle tensioni commerciali globali. Ma il rientro forzato del personale cinese rischia di compromettere, almeno nel breve termine, una parte del piano di delocalizzazione.
Quali sono i motivi dietro tale manovra?
Alcuni funzionari cinesi avrebbero fatto pressioni per limitare il trasferimento di competenze e tecnologie verso l'India. Si tratterebbe quindi di una mossa geopolitica, con cui Pechino cerca di salvaguardare il proprio primato nella manifattura avanzata, proprio mentre il governo indiano accoglie con favore nuovi investimenti nel settore tecnologico.
Solo poche settimane fa, infatti, Foxconn ha ottenuto il via libera per costruire in India uno stabilimento da 435 milioni di dollari dedicato alla produzione di semiconduttori. Una struttura strategica per diversificare la catena di approvvigionamento e potenziare la presenza industriale in un mercato sempre più rilevante per Apple.
Mossa temporanea o definitiva?
Tim Cook ha recentemente confermato l'aumento di importazioni di iPhone dall'India, segnale concreto della volontà dell'azienda di spostare parte della sua produzione fuori dalla Cina. Ma l'intervento di Foxconn potrebbe indicare che il percorso di espansione non sarà privo di ostacoli, specialmente se la politica internazionale continuerà a interferire con le logiche industriali.
Al momento, non è chiaro se si tratti di una misura temporanea o del preludio a un ridimensionamento più strutturale delle operazioni cinesi in India. Ma il messaggio, per analisti e osservatori, è chiaro: la guerra delle filiere è tutt'altro che finita.