Fin dall'inizio, Mai: Child of Ages rievoca bei ricordi, anche al di là dei videogiochi. L'atmosfera in stile Zelda è probabilmente la prima cosa che si assapora nei primi minuti, ma l'avvio ricorda anche qualcosa dei vecchi cartoni animati di una volta, tra il risveglio nella capanna del nonno, le caprette, il mare immenso e un senso di sospensione nel tempo che rende difficile capire precisamente in che epoca ci si trovi. Forse Conan: il ragazzo del futuro è il paragone più calzante, con quel senso di avventura fantastica in un mondo tutto da scoprire che permea l'avvio della storia di Mai, che in effetti svela poi altri possibili collegamenti con l'opera di Alexander Kay rivista poi da Miyazaki.
Nonostante l'aspetto cozy e infantile, Mai: Child of Ages è un gioco dalle notevoli ambizioni, viste anche le sue fonti d'ispirazione, e la cosa si riflette anche nelle tematiche trattate: viene fuori come una storia di formazione che ha però implicazioni imponenti, andando a trattare questioni come il destino e l'eredità dell'umanità intera in un universo minacciato da un'oscurità incombente.
Nel giro di pochi minuti, e con una progressione piuttosto sconcertante, ci ritroviamo dal recuperare le caprette del nonno a dover salvare il mondo con la possibilità di viaggiare nello spazio e nel tempo, accedendo anche a una versione di sé stessa cresciuta, che amplia le possibilità di interazione e gameplay.
Azione e piattaforme
Nel misto di elementi, le fasi più propriamente action riguardano le sequenze platform e veri e propri combattimenti, all'interno di una meccanica quasi da hack and slash.
Anche qui si nota come gli sviluppatori abbiano voluto arricchire il gameplay di caratteristiche diverse, con l'aggiunta anche della possibilità di modificare e potenziare gli strumenti da usare attraverso il crafting. Ne viene fuori una meccanica di gioco estremamente varia e sfaccettata, sebbene non propriamente centrata in nessuna delle sue diverse componenti, almeno per quanto riguarda gli elementi più dinamici.
Gli enigmi ambientali restano probabilmente i momenti in cui Mai: Child of Ages dà il meglio di sé, pur con i difetti esposti sopra, mentre le fasi d'azione sembrano soprattutto dei riempitivi.
Nonostante una maggiore complessità che sopraggiunge nelle fasi più avanzate, ampliando la varietà dei nemici, la dinamica degli scontri resta sempre molto legnosa, legata soprattutto all'alternanza meccanica tra attacco e difesa che risulta poco stimolante. Il sistema di controllo un po' impreciso e il movimento "fluttuante" della protagonista non esaltano le situazioni più concitate e che richiedono movimenti veloci e precisi, cosa che si riflette negativamente sui combattimenti in particolare.
Tra Studio Ghibli e low poly
Le fonti d'ispirazione alla base dell'estetica di Mai Child of Ages sono chiare: da una parte c'è lo stile tipico di Miyazaki e dello Studio Ghibli, con i colori saturi, la natura rigogliosa e anche il forte contrasto con gli elementi tecnologici e i disastri ambientali che questi possono portare, mentre dall'altra c'è Zelda, e in particolare The Legend of Zelda: The Wind Waker, con tanto di barchetta che sembra un omaggio dichiarato al celebre capitolo della serie.
La varietà delle ambientazioni e le atmosfere che derivano da queste sono un forte motore che spinge a portare avanti l'esplorazione di livello in livello, a dimostrazione di una direzione artistica chiaramente derivativa, ma anche funzionale.
Chubby Pixel è un team di piccole dimensioni, dunque è comprensibile che dal punto di vista tecnico il gioco sia piuttosto limitato, ma lo stile grafico adottato è in grado di compensare alla perfezione queste costrizioni. Su Nintendo Switch 2 in particolare (piattaforma su cui si è svolta la prova per la recensione) si nota un livello di dettaglio un po' limitato e un pop-in evidente in certi casi, cosa che non risulta fastidiosa all'interno di aree più dense e limitate ma può stonare quando si ha a che fare con aree di gioco molto ampie. A proposito di queste, sembra un po' ricorrere il problema tipico di tutto il gioco, ovvero la volontà di estendere a dismisura le dimensioni: in certi casi i livelli aperti sono talmente vasti da far risultare un po' tedioso il loro semplice attraversamento.
Conclusioni
C'è qualcosa di magico in Mai: Child of Ages, che deriva probabilmente dalle atmosfere che riesce ad evocare e che si rifanno ad alcune fonti d'ispirazione dalla notevole potenza. Fin dall'inizio in stile Conan, si ha l'impressione di trovarci di fronte a una grande avventura dall'enorme potenziale, e in vari casi queste promesse vengono mantenute, soprattutto per quanto riguarda l'ottima costruzione di alcuni enigmi ambientali e l'iniziale sorpresa dei salti temporali. Contemporaneamente, si ha una costante sensazione di un'estensione artificiosa di scenari e meccaniche di gameplay che tende un po' a inficiare il ritmo e a stiracchiare il tessuto del gioco fino a mostrarne qualche crepa di troppo. Una maggiore compattezza e densità avrebbe sicuramente giovato, ma ci sono comunque delle idee molto interessanti da scoprire nelle componenti più puramente adventure di Mai: Child of Ages.
PRO
- Ambientazioni e atmosfere affascinanti
- Alcuni enigmi sono davvero ben congegnati
- L'alternanza tra Mai piccola e grande funziona bene per variare l'azione
CONTRO
- Fin troppo ampio e dispersivo, tra esplorazione e costruzione dei puzzle
- Combattimenti senza grande mordente
- Controlli spesso imprecisi e poco reattivi