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Siamo un popolo di effimeri accumulatori seriali, e più o meno va bene così

È vero che i videogiocatori possono essere spesso catalogati come degli accumulatori seriali compulsivi, ma è anche giusto così: magari se possibile vorremmo che i beni fossero un po' meno effimeri.

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   10/07/2025
Un esempio di libreria digitale

Nei giorni scorsi, l'analista di mercato Chris Zukowski ha spiegato che "il potere di Steam come piattaforma è che consente l'accumulo di giochi", vedendo i giocatori come delle specie di accumulatori seriali compulsivi che si fanno facilmente attrarre dai saldi all'acquisto di titoli che forse non lanceranno o non scaricheranno nemmeno mai. Diciamo la verità, chiunque su questo sito si identifica a qualche livello con questa descrizione: basta vedere la quantità di giochi digitali che abbiamo accumulato negli anni, o ancora peggio andare a scoprire l'opzione "segreta" per conteggiare la quantità di denaro speso in totale con il nostro account Steam, per renderci conto di come questo sistema tenda ad incrementare l'arretrato da giocare (il famoso "backlog") attraverso acquisti che non risultano, spesso, proprio indispensabili.

Rilassiamoci comunque, perché in fondo va bene così: non esiste nessuna regola che impone di concludere tutti i giochi che si acquistano, anzi sarebbe probabilmente anche dannoso per l'industria se si dovesse seguire un modus operandi così rigido, perché chiaramente le vendite crollerebbero. In un mercato in cui - secondo i dati raccolti dall'agenzia Circana per la regione degli Stati Uniti - i 10 giochi live service più famosi fagocitano quasi la metà del totale delle ore di gioco in generale, ben venga l'acquisto compulsivo di giochi, specialmente quando questo avviene per i titoli indie e magari in periodi differenti dalle finestre di lancio, ovvero soprattutto quando emergono i frequenti saldi su Steam e simili.

Collezioni effimere, purtroppo

D'altra parte, il videogioco è di fatto un medium la cui fruizione può essere effettuata nelle maniere che gli utenti preferiscono, senza alcuna limitazione: nulla impedisce di costruirsi una ricca libreria di titoli da tenere da parte, composta da giochi che possono essere poi fruiti in qualsiasi momento senza particolari pressioni, magari quando parte la giusta ispirazione.

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Specialmente in un ambito come il PC i titoli possono essere recuperati praticamente quando si vuole, ma i passi avanti in ambito di retrocompatibilità consentono questo anche su console in larga parte, a questo punto. Anche superando il concetto di collezionismo in termini di raccolta di oggetti fisici, visto che qui si parla in gran parte di giochi digitali, il giocatore che arricchisce a dismisura la sua libreria non fa nulla di male, anzi sotto molti aspetti favorisce l'industria videoludica.

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In tutto questo c'è però un aspetto che assume sempre maggiore importanza: una regolamentazione più rigorosa e adeguata delle modalità di utilizzo dei prodotti digitali e una revisione in generale del concetto di possesso per i giochi acquistati in questa maniera. Certe derive proposte dai publisher sembrano andare sempre più verso una deregolamentazione totale a completo vantaggio degli editori, come sembra dimostrare anche la risposta poco incoraggiante della lobby Video Games Europe alle richieste degli utenti di una revisione delle regole sulla gestione dei diritti digitali.

Questa tendenza rende le collezioni orgogliosamente messe insieme dagli utenti pericolosamente effimere. È vero che qualsiasi collezione lo è, di fronte alla caducità della vita, ma non sarebbe male avere qualche sicurezza in più sulla stabilità dei beni acquistati, ed è questo un argomento che può velare di tristezza il fascino di librerie virtuali piene di giochi acquistati in digitale. Speriamo davvero che la Commissione Europea si decida a prendere in considerazione il problema e a proporre qualche possibile soluzione.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.