Quando si pensa ai grandi nomi che hanno contribuito alla nascita e all'evoluzione del lessico videoludico è normale permettere al cuore di prendere il controllo sulla mente. Ecco che queste figure vengono quindi poste su un piedistallo (o sul balcone di una piazza) e trattate come divinità inarrivabili, con il rischio di far dimenticare al pubblico le loro origini. Di far dimenticare che, anche loro, sono partiti dalle basi per raggiungere la loro attuale posizione di potere all'interno della "catena alimentare" di questo settore.
È interessante constatare, però, come basti parlare con questi autori per superare il "velo dei social" e scoprire il mondo reale. In occasione del Game Ground, evento che si è tenuto nelle scorse settimane a Bolzano, abbiamo avuto l'occasione di partecipare a un'emozionante chiacchierata con Katsuhiro Harada, game designer famoso per la serie di Tekken e producer in forze presso Bandai Namco Entertainment. Un incontro di grande spessore, che conferma la qualità di un festival in costante espansione. Un festival deciso a fare le cose in grande, permettendo a chiunque sia interessato al mondo dei videogiochi di parlare con coloro che lavorano in questo ambiente tutti i giorni.
Paese che vai, metodo di sviluppo che trovi
Il panel si è aperto con un ringraziamento da parte di Harada a tutto il pubblico presente in sala. Il celebre sviluppatore è da sempre un appassionato del nostro Paese, ma ha ammesso di non essersi mai spinto così a nord, trovando modi di fare e ambienti davvero diversi rispetto al resto dell'Italia e al Giappone. Una diversità che comprende anche il metodo occidentale dello sviluppo dei videogiochi, che secondo Harada è più focalizzato sulla creazione di grandi titoli, piuttosto che sull'attenzione ai piccoli dettagli. Una scelta che potrebbe essere la risposta alla domanda "Perché in Europa e in America si sviluppano così pochi picchiaduro?".
Il papà adottivo di Tekken ha poi aggiunto che trova affascinante come in occidente si parta da un'idea e si vadano ad aggiungere nuovi elementi fino a trovare la forma finale. Un metodo opposto rispetto a quello utilizzato in oriente, dove si parte a lavorare con il progetto più grande possibile, per poi giocare di sottrazione. Un'affermazione che può sembrare banale, ma che riesce a sintetizzare perfettamente pregi e difetti di due approcci professionali completamente diversi l'uno dall'altro.
Tra gli argomenti trattati durante l'incontro c'è stato anche l'avvento dell'intelligenza artificiale e il suo impatto sul mondo dei videogiochi. Un impatto che, secondo Harada, non ha cambiato poi molto il metodo di lavoro, risultando piuttosto un valido strumento per semplificare alcuni passaggi che anche prima erano in qualche modo automatizzati. Il game designer si è poi detto affascinato dal potenziale dell'IA applicata ai comportamenti dei vari personaggi non giocanti, che potrebbero così in futuro diventare più stratificati, offrendo un livello di sfida perfetto per ogni tipo di giocatore.
Here comes a New Challenger (forse)
Durante il panel, Katsuhiro Harada si è dimostrato un grande oratore. Un professionista in grado di passare rapidamente da un discorso più profondo alla "chiacchiera da bar" nel giro di pochissimi secondi. Basti pensare al suo entusiasmo nel raccontarci la sua idea iniziale per Claudio Serafino, personaggio italiano comparso per la prima volta in Tekken 7. Dopo essere venuto in Italia per esplorare la nazione di appartenenza del combattente, Harada aveva tratteggiato un personaggio nettamente diverso da quello che è poi stato realizzato.
Secondo gli stereotipi italiani osservati dall'autore nipponico, infatti, Claudio sarebbe dovuto essere un uomo muscoloso in jeans e camicia bianca, con il petto particolarmente villoso. Famoso per essere un amante delle belle ragazze, il Claudio originale avrebbe inoltre dimostrato di possedere un'abilità unica: la capacità di arrivare sempre in ritardo a qualsiasi appuntamento (persino nei filmati iniziali dei vari scontri). Tra l'ilarità della sala, Harada ha ammesso che non avrebbe mai pensato che questa scelta potesse essere considerata offensiva, ma per sicurezza il team ha deciso comunque di scartare il personaggio... per ora. Lo sviluppatore nipponico è infatti ancora convinto del potenziale di questo nuovo eroe e spera di poterlo inserire nella saga in futuro.
I grandi traguardi di Tekken
Harada non ha mancato di ricordare agli appassionati i grandi traguardi di Tekken. Traguardi che vanno al di là del mero guadagno economico e dei quali lo sviluppatore si è dichiarato particolarmente orgoglioso. Stiamo parlando di obiettivi come "la serie di picchiaduro con la storia più duratura di sempre", anche se Harada stesso ha dichiarato di essere a conoscenza del fatto che ben poche persone acquistino Tekken per seguire la trama principale.
Il comparto narrativo della saga ha però permesso al franchise di espandersi anche attraverso altri linguaggi come fumetti, serie animate e lungometraggi in live action. Impossibile per Harada, quindi, non soffermarsi ancora una volta sui bizzarri risultati che la saga ha ottenuto anche nel campo delle opere trans-mediali. In questo caso si è parlato del "film con la peggior ricezione da parte del pubblico". Harada stesso ha suggerito di utilizzare la pellicola del 2009 come metodo per addormentarsi nel caso si soffra d'insonnia. Una soluzione che afferma di aver utilizzato con successo più volte, riuscendo così a prendere sonno prima di veder scorrere i titoli di coda.
Al di là delle battute, il celebre game designer ci ha tenuto a ribadire come, nonostante la pellicola, la serie di Tekken abbia ormai superato i 62 milioni di copie vendute. Un risultato interessante, soprattutto se si pensa che il mercato principale di Tekken non è tanto il Giappone, quanto l'Europa e, soprattutto, l'America.
L'importanza di rimanere umani
Una delle grandi abilità che ci sentiamo di attribuire a Katsuhiro Harada è quella di riuscire a mantenere il suo carisma e la sua aria da rockstar, pur comunicando a cuore aperto con chiunque abbia davanti. Nella seconda parte della conferenza abbiamo avuto modo di chiedere al game designer quale ruolo all'interno della pipeline di sviluppo vorrebbe ricoprire nei suoi progetti futuri. Dopotutto Harada è partito come promoter, per poi assumere il ruolo di Creative Director in Tekken 3 e tuffarsi infine nella parte più "corporate" dell'azienda. Insomma: ha solo l'imbarazzo della scelta.
Se l'autore nipponico ha affermato di essere rimasto piacevolmente sorpreso della domanda, è stata la sua risposta a lasciar spiazzati noi.
Harada ha infatti affermato di fare molta fatica a ragionare lucidamente sul suo futuro. Con la scomparsa del suo caro amico Tomonobu Itagaki (Dead or Alive, Ninja Gaiden), la nuova priorità del creatore di Tekken è quella di capire come vivere una vita sana mentalmente e fisicamente. Come continuare a sviluppare videogiochi, senza però sacrificare tutto sull'altare del lavoro. Harada si è poi congedato con una riflessione molto forte. Lo sviluppatore ha infatti chiesto al pubblico di non dimenticarsi di parlare con le persone care, perché non si può mai sapere quando queste verranno a mancare, lasciando così discorsi, frasi e sentimenti sospesi in eterno.
Un commiato davvero sentito, che dimostra per l'ennesima volta quanto sia sbagliato disumanizzare gli autori più famosi, portandoli sul palmo della mano come degli idoli d'oro. Al contrario: il fascino di questi creativi dovrebbe nascere proprio dalla loro umanità. Da un'anima in grado di andare al di là degli occhiali da sole o di una giacca in pelle e capace di emergere spontaneamente da una chiacchierata a cuore aperto come quella che abbiamo avuto modo di fare al Game Ground.