Dopo aver risolto il mistero del furto della Folgore di Zeus ed essere andati e tornati dall'Ade, Percy Jackson e i suoi amici sono pronti per una nuova avventura, che aspetta tutti gli spettatori su Disney+ dal 10 dicembre con uscite settimanali. Il Mare dei Mostri è l'avventura tratta dal secondo romanzo di Percy Jackson, scritto da Rick Riordan.
A vestire i panni dei protagonisti principali tornano Walker Scobell (Percy Jackson), Leah Sava Jeffries (Annabeth Chase), Aryan Simhadri (Grover Underwood), con l'aggiunta di Daniel Diemer nel ruolo di Tyson, un ciclope trovatello che si unisce alle avventure di Percy. Al timone del progetto tornano Jonathan E. Steinberg come co-creatore della serie assieme a Riordan, Craig Silverstein, produttore esecutivo e Dan Shotz, showrunner. Grazie all'uscita della seconda stagione abbiamo avuto la possibilità di intervistare tutte queste personalità, approfondendo alcuni aspetti della produzione Disney insieme a loro.
Crescere, che fatica!
Iniziamo con una curiosità, che comicamente è il filo conduttore di tutto Percy Jackson. Steinberg e Shotz hanno già lavorato insieme ad un progetto, non proprio indirizzato ad un pubblico di giovanissimi. Parliamo della serie piratesca Black Sails, dove il vero protagonista, come in Percy Jackson, è il mare (impersonato in entrambi gli show nella sua forma più impetuosa da Toby Stephens. Sarà una coincidenza che da capitano Flint sia diventato Poseidone?).
Va detto che catalogare Percy Jackson come prodotto esclusivamente per bambini è tremendamente semplicistico: chiaramente parliamo di una produzione young adult, ma che ha sempre cercato sin dalla prima stagione di essere più quanto trasversale possibile. Il Mare dei Mostri spinge un po' di più sulla maturità delle tematiche, perché maturi sono i personaggi. "Lo show cerca di maturare con loro in modo appropriato" dice Shotz. "Diventa un po' più cupo, i ragazzi affrontano più pericoli o possono farsi male un po' di più. Vedremo del sangue. E anche nelle loro relazioni reciproche, cambia un po' quella tensione tra ragazzi e ragazze".
Tra la prima e la seconda stagione gli attori sono cresciuti, letteralmente. L'espediente narrativo utilizzato alla fine della prima è stato un "arrivederci" dei protagonisti, pronti a buttarsi in avventure personali fino al loro prossimo incontro al Campo Mezzosangue. Avere un cast di attori che cresce e cambia è un elemento estremamente delicato e a tratti pericoloso (per conoscenza citofonare Stranger Things). Com'è stato per i produttori e scrittori questa cosa? "Stanno crescendo. Sono umani. E penso che stiano vivendo esperienze come giovani adolescenti e teenager che sono sicuro stanno influenzando la loro performance e il modo in cui vedono la storia" dice Steinberg.
Poi continua: "Credo che questo facesse parte della decisione presa quando abbiamo fatto il casting originale, ovvero scegliere ragazzini che avessero l'età dei personaggi. Cercare davvero di fondare lo show su qualcosa che sembrasse reale, e che sembrassero ragazzi che stanno vivendo il viaggio emotivo sull'abbandono dell'infanzia e del diventare grandi. (...) Ci siamo sentiti molto fortunati quando abbiamo constatato quanto gli attori fossero felici di essere tornati sul set. Sono entusiasti, forse più oggi rispetto a quando hanno iniziato. Il che non è qualcosa che si può dare per scontato".
Anche lo stesso Percy lo dice: "Sebbene l'ambiente sembri leggermente diverso, in realtà è come se avessimo avuto solo un lungo fine settimana e fossimo tornati subito alla stagione 2. Nonostante sia stata una pausa piuttosto lunga, il primo giorno sul set è sembrato come se non fosse passato affatto molto tempo. Quindi, guardandosi intorno, tutti sembrano un po' più maturi, ma non è cambiato granché. Molti membri della troupe sono gli stessi, il che ha reso il presentarsi sul set ogni giorno un'esperienza familiare, in senso positivo" commenta Scobell.
"Ci sentiamo come se avessimo contribuito a crescerli!" esclama ad un certo punto dell'intervista Shotz. E a confermare quanto detto c'è stato un intervento del nuovo arrivato, Diemer, parlando della sua preparazione e del rapporto instaurato con il resto del cast: "Sinceramente, credo che l'alchimia sia una cosa fondamentale: o c'è o non c'è, è molto difficile crearla artificialmente. Certamente, abbiamo lavorato molto in preparazione con il nostro acting coach. Il mese che abbiamo dedicato a questo ci ha aiutato a conoscerci meglio. Tuttavia, fin dall'inizio, già durante le prime letture, era evidente che c'era una forte intesa. Era chiaro che entrambi amavamo i libri, eravamo entusiasti del progetto e profondamente appassionati all'idea di portarlo avanti insieme nel modo più speciale possibile. Per me, questo è stato un aspetto fondamentale che mi ha fatto sentire a casa. Non ho dovuto lottare o competere con i miei colleghi; eravamo tutti allineati verso lo stesso obiettivo. Questo ha reso l'esperienza estremamente positiva e immediata."
Una famiglia complicata
Per quanto siano chiare le influenze young adult, si sente la presenza di un grande elefante nella stanza, inevitabile quando si parla di Olimpo: la famiglia. Percy Jackson parla non solo ai giovani, che devono affrontare il loro viaggio dalla fanciullezza all'età adulta, ma anche ai genitori. "Penso che la vera speranza per lo show fosse quella di creare qualcosa che si potesse condividere con i propri genitori, e viceversa con i propri figli" dice Steinberg.
"Per avere qualcosa da dire agli adulti, lo show avrebbe dovuto raccontare una storia su cosa significhi essere genitore di un bambino solitario. O genitore di un bambino che non sa bene quale sia il suo scopo, o perché è fatto così. Era necessario che ognuno potesse guardare questo show e legarsi a dieci personaggi diversi o dieci punti di vista diversi. E sono tutti raccontati in un modo che ritengo emotivamente importante e che non interferisce con l'esperienza di nessun altro".
Aggiunge poi Shotz: "Sento proprio che ci sono tanti punti di accesso diversi per chiunque si avvicini alla serie. Ma devo dire che per noi, la ricompensa più grande di questo show è che le famiglie si sono davvero sedute davanti ad uno schermo e l'hanno guardato insieme. Che i genitori fossero coinvolti tanto quanto i bambini che avevano letto i libri. In un mercato in cui il modo di fruire la tv sta cambiando, dove ognuno ha i suoi dispositivi e guarda le proprie cose, il fatto che lo show abbia riunito le persone davanti ad un unico schermo ci dà la conferma che la missione che ci eravamo prefissati ha avuto successo".
Abbiamo rivolto la domanda anche a Riordan (che abbiamo avuto il piacere di intervistare, con grande sorpresa, in italiano) che ha iniziato la risposta raccontando di come le avventure di Percy siano state in realtà le fiabe della buonanotte di suo figlio quando era piccolo e di come la sua esperienza di insegnante gli abbia mostrato quanto i giovanissimi si appassionino ai miti greci. "Hai ragione sul fatto che molte storie mitologiche ruotano attorno alla famiglia, in particolare al rapporto tra genitori e figli. Tuttavia, i genitori nella mitologia sono raramente dei buoni esempi (ride). Non so perché, ma figure come Zeus e Poseidone non sono esattamente padri piacevoli. Per mio figlio era importante scoprire un senso di sé, di essere, un proprio posto nel mondo. Ho usato la mitologia per aiutarlo a capire come diventare un eroe e come affrontare la vita. Sì, il ruolo di genitore è cruciale; ero molto preoccupato per il percorso di crescita di mio figlio".
A Riordan abbiamo confidato di quanto abbiamo amato il personaggio di Sally, la mamma di Percy, una figura quasi metanarrativa rispetto all'esperienza dello scrittore. A questo personaggio è dedicata una scena molto toccante, nella quale vengono mostrate le vulnerabilità di questa donna, il conflitto tra l'amore che nutre per suo figlio e al contempo il dolore dato dall'impossibilità di aiutarlo a trovare la sua strada. Menzionando a Riordan quanto ci fosse piaciuta la scena, la risposta che abbiamo ricevuto ci ha alquanto spiazzati "È una scena che non esiste nel libro, ma che nella serie TV è una delle mie preferite. La trovo molto commovente. È perfetta per comprendere i genitori di Percy e le sfide che devono affrontare. E ci sono tante altre scene simili che vedremo nella seconda stagione".
Questa è la grande fortuna della serie di Percy Jackson, ovvero avere il suo creatore originale non solo attivamente coinvolto nella scrittura ma fisicamente lì, sul set. Una presenza che i giovani attori hanno percepito come accogliente: "è stata una vera benedizione!" esclama la Jeffries. "Penso sia già bello lavorare con così tanti bravi produttori che lavorano per trasporre fedelmente i romanzi, ma avere effettivamente Rick direttamente lì e potergli fare domande di cui solo lui conosce la risposta è una grande fortuna. E sapere che lui ne è orgoglioso ci conferma che stiamo facendo bene" conclude l'attrice. Effettivamente, se l'ideatore originale della storia è soddisfatto è molto probabile che il pubblico si ritroverà un adattamento fedele.
Scobell aggiunge un elemento interessante, perché secondo lui, "Rick ha un modo interessante di vederla. Ad esempio, quando siamo sul set, vado sempre da lui per fargli domande sui libri o su come interpretare una scena, lui mi risponde, 'Sta a te.' In un certo senso lui scrive i romanzi e poi li lascia a disposizione di tutti. Penso che sia davvero interessante. In un certo senso, lascia tutto alla nostra interpretazione."
L'appuntamento è fissato a partire dal 10 dicembre su Disney+ con Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: Il Mare dei Mostri. Se volete recuperare l'intervista integrale al cast di doppiaggio, con Andriano Venditti, Anita Ferraro e Tito Marteddu, la potete trovare nei video del nostro canale Twitch.