Proprio all'inizio di Silent Hill f, Hinako Shimizu, la protagonista del nuovo capitolo, trova una rivista abbandonata sulla veranda della casa di uno dei suoi vicini, a Ebisugaoka. Sulla copertina della rivista c'è una ragazza giapponese che sorride. Indossa un kimono ed è molto bella. Come un fiore. Lo strillo in copertina dice: "Una donna è completa solo quando è amata. L'ultima moda per le ragazze, così pure da far arrossire perfino i fiori". Ma Hinako è molto lontana da quella ragazza: nessuno la ama, nemmeno la sua famiglia. E, soprattutto, Hinako non sorride mai. È totalmente diversa dallo stereotipo che l'epoca Shōwa vorrebbe per la donna giapponese: remissiva e ossequiosa. Nel suo diario - splendidamente illustrato e consultabile in ogni momento - Hinako scrive di se stessa: "Me? Non c'è niente di straordinario in me. A parte il fatto di essere alta per una ragazza della mia età".
Riscrivere le regole di Silent Hill come fa Silent Hill f è un vero e proprio azzardo. Lo è perché, apparentemente, non c'è un singolo elemento che accomuni questo capitolo agli altri della saga, se non qualche caratteristica che comunque non lo allontana di molto da un qualsiasi horror: la nebbia, le creature mostruose, i coprotagonisti ambigui. Bisogna giocarci perché qualche similitudine venga fuori, specialmente quelle tematiche con il primo videogioco del 1999: il discorso della lotta intergenerazionale, il voler rappresentare certe paure nipponiche legate al conformismo sociale, il tema del bullismo. E poi, sia Ebisugaoka - la città scelta come ambientazione per Silent Hill f e plasmata sulle fattezze di Kanayama - che Silent Hill sono due cittadine minerarie. In secondo luogo, quel che viene fuori in maniera molto esplicita giocando è il fatto che Silent Hill f ha molto a che spartire con un titolo che condivide gli stessi natali di Silent Hill, ovvero Forbidden Siren, firmato dallo stesso Keiichiro Toyama.
Non si tratta esclusivamente dell'ambientazione rurale giapponese - anche se richiama subito alla mente certe atmosfere del passato - ma dell'immagine di un'architettura labirintica, dell'urbanizzazione come ostacolo, del vicino di casa che si trasforma in un aguzzino. Della faccia amica di cui non sai se puoi fidarti. Sono solo alcune delle caratteristiche di Silent Hill f che lo avvicinano, nel bene e nel male, ai survival horror giapponesi tipici della generazione PlayStation 2. Per molti (me compreso), una delle epoche d'oro del genere, specialmente per quei progetti imperfetti, ma con un carattere impossibile da ignorare. Titoli come Rule of Rose, Haunting Ground e Project Zero. È un po' come se Silent Hill f raccogliesse l'eredità di questi videogiochi - oltre, ovviamente, ai primi quattro capitoli della serie classica - riproponendone pregi e difetti. Per farci un'idea più chiara di Silent Hill f, abbiamo avuto modo di passare cinque ore in sua compagnia, a Tokyo, negli uffici di Konami.
Hinako contro tutti
Hinako Shimizu è una reietta. Lo è sin da quando era bambina e preferiva giocare con il suo amico Shu piuttosto che con le altre bambine. Alle bambole preferiva il pallone, e andava pazza per il gioco degli invasori spaziali. L'unica che sembrava comprenderla a fondo era sua sorella, Junko. Ma, anche con il suo appoggio, non è stato facile crescere in questo modo nell'epoca Shōwa, in Giappone: un periodo di enormi trasformazioni, in cui modernità e tradizione combattono una lotta intensa per prevalere l'una sull'altra, e dove anche il ruolo della donna nella società sta per cambiare per sempre. Hinako è però incastrata in questo periodo di transizione, e si è fatta terra bruciata attorno: la sua famiglia la mal sopporta, sua sorella si è sposata e se n'è andata di casa, e le sue amiche la trattano come la stramba del gruppo. Inoltre, le danno nomignoli ben poco carini, rendendola bersaglio di invidie e soprusi, dal momento che Shu, il suo amico d'infanzia, non ha occhi che per lei.
In fin dei conti, Shu è la sua ancora di salvezza. C'è una descrizione molto bella che Hinako fa di lui nel suo diario personale (un'aggiunta gradita, che permette di approfondire le relazioni tra i personaggi, i luoghi, i mostri, il tutto illustrato da Hinako stessa): "I ragazzi dell'epoca Shōwa tendono a guardare l'altro sesso dall'alto verso il basso. Ma Shu no". Shu è la faccia amica a cui Hinako si rivolge quando sprofonda nelle superstizioni di Ebisugaoka. Il villaggio è devoto a Inari, al punto che, quando una strana malattia si diffonde in città, molti abitanti credono di essere stati colpiti da una maledizione di origine divina.
Hinako e i suoi amici si incontrano sempre a Chizuruya, un minimarket che si trova all'incrocio di diversi kinkotsu, i vicoli labirintici di Ebisugaoka. Quella della cittadina è una vita di provincia, poco entusiasmante per un gruppo di giovani, anche se non conosceremo mai la sua quotidianità - se non attraverso gli appunti di Hinako o le annotazioni che troveremo nel viaggio. Non la conosceremo perché in Silent Hill f non c'è un'ordinarietà che viene smontata: quando il gioco inizia, è già tutto perduto. È un mondo senza adulti, dove la nebbia consuma ogni cosa e dove dei bellissimi fiori rossi crescono sul cemento, preannunciando l'arrivo di terribili creature.
Ecco, i fiori, simbolo di bellezza e femminilità, sono uno dei temi centrali di Silent Hill f, e rappresentano allo stesso tempo un pericolo e uno spettacolo stupefacente. Bellezza e orrore, un equilibrio impossibile, quasi un ossimoro. Hinako è bella come un fiore, ma trova raccapricciante l'idea di essere considerata fragile ed effimera come un bocciolo. Shu ha una vera e propria passione per le piante e per i fiori, e li cura con amore, lontano dallo stereotipo che lo vorrebbe disinteressato a un'arte ritenuta femminile come il giardinaggio. E infine, le infiorescenze sono il preavviso della comparsa di quelle creature che, pochi minuti dopo l'inizio di Silent Hill f, aggrediscono Hinako e i suoi amici.
La donna fiore
Ma è proprio il suo non essere una donna fiore che salva Hinako da una terribile fine. Perché, quando la ragazza trova un'arma di fortuna, un tubo d'acciaio, decide di difendersi dall'assalto del mostro - molto simile allo yokai della Kuchisake-onna - che l'ha attaccata. E, a questo punto, bisogna parlare di una caratteristica molto interessante, emersa durante la chiacchierata con il team: il capitolo di maggiore ispirazione per il gameplay di Silent Hill f è stato Silent Hill 4: The Room. Ed è percepibile: il combattimento corpo a corpo è parte cruciale del videogioco e, sebbene spesso si scelga di fuggire dalle situazioni di pericolo quando il numero degli avversari è soverchiante, a volte non c'è altro modo che affrontare i mostri.
Partiamo con una precisazione: il sistema di combattimento è la cosa che ci ha convinti di meno nella nostra prova di Silent Hill f. Non è mal fatto, ed è sicuramente funzionale, ma alcune caratteristiche non rendono piacevoli gli scontri. Il che sarebbe anche corretto, filologicamente (cosa c'è di piacevole nel dover pestare un mostro che vuole ucciderti?), ma si passa molto tempo a combattere, e i limiti del sistema vengono fuori in fretta. Per esempio, i movimenti di Hinako sono molto enfatizzati, specialmente per quanto riguarda la schivata, che copre una distanza esasperata e fa quasi scivolare il modello della ragazza sul pavimento. Anche la gestione della telecamera dà qualche problema, soprattutto negli spazi chiusi e stretti, ovvero, la maggior parte. Questo significa che affrontare i nemici al chiuso è difficile e, se malauguratamente sono più di uno, trasforma gli scontri in un massacro. Inoltre, nonostante sia manifesta la volontà di rendere divertente e vario il combattimento, aggiunte puramente action come la schivata perfetta o la possibilità di contrattaccare il nemico colpendo al momento giusto sono, secondo noi, poco realistiche. Hinako è una liceale giapponese e, con tutte le probabilità del caso, non potrebbe avere nessuna di queste abilità combattive.
Sono interessanti, invece, due trovate: la prima è quella di dotare ogni arma di una durabilità, trasformando anche quella in una risorsa da centellinare; l'altra è la scelta di aggiungere una barra della sanità mentale. Questa statistica, che può essere intaccata dai nemici attraverso alcuni attacchi specifici o in aree in cui l'influenza malvagia dei demoni e dei fiori colpisce Hinako, viene utilizzata molto in combattimento. Grazie a questo indicatore è possibile concentrarsi sul nemico, rallentando il tempo e permettendo a Hinako di avere più possibilità di successo nei contrattacchi e nelle schivate. Inoltre, mantenere a lungo la concentrazione sull'avversario ci permette di effettuare un colpo mirato, un attacco più potente che infligge molti danni.
Il team ha dichiarato che non ci saranno armi da fuoco, e francamente ci sarebbe sembrato strano il contrario. Hinako si difende invece utilizzando strumenti di fortuna. Un cambiamento importante rispetto agli altri capitoli della serie, ma non l'unico: non c'è la radio che preannuncia l'arrivo dei mostri, e non c'è nemmeno la torcia che ci permette di illuminare le aree più oscure. Anche Silent Hill 4: The Room fu a lungo criticato proprio per questi cambiamenti rispetto agli altri capitoli. Silent Hill f ovvia però a questa mancanza di armi da fuoco con un nutrito arsenale di armi bianche e armi da taglio: tubi d'acciaio, falcetti, pugnali. Nella nostra prova abbiamo perfino impugnato la naginata, un'antica lancia giapponese. Ci è capitato di utilizzarla nello scontro con un boss, ovvero Sakuko, la sacerdotessa mostruosa che avete visto nell'ultimo trailer di Silent Hill f. Uno scontro estremamente impegnativo, nel quale il videogioco ha presentato un sorprendente aumento della difficoltà che non ci aspettavamo di certo, dal momento che fino a quel momento gli scontri ci erano sembrati molto gestibili.
Esplorazione ed enigmi
Ma Silent Hill è sempre stata una saga più che altro legata all'esplorazione e agli enigmi, e da questo punto di vista f non delude. Anzi, è una sorpresa continua. Lo è perché è percepibile il grande lavoro che il team ha fatto sull'ideazione dei puzzle, ponendo grande attenzione al fatto che risultassero coerenti con il contesto giapponese, ma che fossero anche comprensibili per chi non è un esperto del folklore nipponico. E, se dal punto di vista del primo proposito sono riusciti a raggiungere perfettamente il risultato, per quanto riguarda il secondo c'è qualche considerazione che ci preme fare.
Tutti gli enigmi, infatti, sono legati a tradizioni giapponesi o magari a sistemi come l'Onmyōdō. Spesso hanno a che fare con jinja, divinità, oppure con yokai e oggetti tipici dello shintoismo, come le tavolette ema. Sono estremamente interessanti, ma anche complessi e a volte poco intuitivi. Per fare un esempio, un enigma legato ad alcuni spaventapasseri ha messo in seria difficoltà non solo me, ma anche gli altri giornalisti occidentali presenti alla prova, al punto che alcuni di loro hanno deciso poi di forzare la soluzione, con pessimi risultati.
In ogni caso, doversi fermare per pensare un po' più a lungo all'enigma non è affatto un male, ma per l'appunto è un altro segnale che rimanda a tempi di fruizione differenti, a soluzioni non per forza immediate, a indizi non necessariamente nascosti a pochi metri di distanza dalla soluzione. Ricorda i survival horror di un tempo, che a volte ti tenevano inchiodato per ore, in ostaggio di una risoluzione che non arrivava facilmente. E questo ci piace, ma richiede anche una certa pazienza e una certa apertura mentale da parte del giocatore.
Anche l'esplorazione è in un certo senso un'eredità di quegli anni. In totale controtendenza con gli horror moderni che puntano a una struttura più aperta, gli scenari e le mappe di Silent Hill f sono contenuti e spesso splendidamente coreografati, con nemici appostati dietro agli angoli e fitte reti di stradine che terminano in vicoli ciechi. Come ci ha insegnato il remake di Silent Hill 2 (qui la nostra recensione), si può realizzare un grande horror moderno anche se gli spazi sono perlopiù corridoi, luoghi opprimenti e piccoli labirinti urbani. Per questo motivo il team ha sfruttato l'architettura dei kinkotsu, ovvero i vicoli di Kanayama, Gero. Lo ha fatto per tratteggiare la topografia di Ebisugaoka come un luogo capace di generare ansia, dove l'ambiente stesso sembra comprimere e soffocare Hinako. E questo ci porta per forza a parlare dell'elefante nella stanza, ovvero l'altro luogo dove si ambienta Silent Hill f: l'otherworld.
L'altro mondo
Questo è l'elemento che lega tutti i Silent Hill, ovvero l'altra dimensione, quella di mezzo. Se negli altri capitoli questo è un posto dove ruggine, ferro e sangue hanno impresso la loro impronta, in Silent Hill f le cose sono completamente differenti. L'otherworld questa volta è il mondo degli spiriti, un aldilà fatto di torii laccati di rosso, pavimenti in legno scricchiolante, santuari, jinja e lanterne che illuminano debolmente l'area. È in questo frangente che Silent Hill f abbraccia l'horror legato allo shintoismo che abbiamo incontrato nella serie Project Zero o perfino in Kuon, l'horror di FromSoftware. D'altronde, fin da subito ci viene raccontato che Ebisugaoka è posto sotto la protezione di Inari, un essere divino ambiguo e volubile, che ama ingannare gli esseri umani presentandosi spesso sotto forma di volpe. Quando Hinako accede a questo mondo, è in compagnia di un misterioso uomo che sembra guidarla attraverso un percorso, quasi fosse un Virgilio che l'accompagna attraverso gli inferi.
È interessante notare che, nell'otherworld, Hinako sembra completamente diversa. È meno combattiva, si lascia trasportare dagli eventi anziché prendere in mano la situazione. Non condivide nemmeno il parco armi con la Hinako che si trova a Ebisugaoka. Le armi che troviamo nell'otherworld pescano dalla tradizione giapponese, come la naginata, per l'appunto, o un pugnale cerimoniale che somiglia a un tantō. Hinako però riesce a portarsi dietro gli omamori, ovvero i talismani che può equipaggiare e che cambiano immensamente le sue caratteristiche, offrendole bonus consistenti in combattimento. È uno dei meccanismi di crescita del personaggio, che si affianca alla possibilità di ritoccare le statistiche della ragazza offrendo oggetti presso i santuari che funzionano da punti di salvataggio.
Al termine delle nostre cinque ore, ci sono cose di questo Silent Hill f che ci hanno fatto battere il cuore, perché segnano il ritorno di un certo modo di fare videogiochi vicino a quello di un'epoca che ha rappresentato l'apice per il genere. Per altre, abbiamo ancora qualche dubbio in merito. C'è ancora tantissimo da vedere e da scoprire, non ultima una delle caratteristiche che ci hanno intrigato di più durante l'intervento di Ryukishi07, lo scrittore di questo capitolo. Ryukishi07 ha dichiarato che Silent Hill f avrà cinque finali differenti, ma la prima partita sarà uguale per tutti i giocatori. Portata a termine quella, sarà possibile affrontare ancora il videogioco questa volta avendo l'opportunità di fare delle scelte e sbloccando nuovi rami narrativi che permetteranno di arrivare a scontri con boss, situazioni e finali differenti.
Siamo molto stimolati dalle novità proposte da Silent Hill f e non vediamo l'ora di continuare l'avventura di Hinako, anche perché la nostra prova si concludeva con un intrigante colpo di scena. È affascinante l'idea che Silent Hill sia tornato a casa, non solo filosoficamente, ma anche in concreto, guardando come modello di riferimento ai primi capitoli e, in generale, all'intera produzione horror nipponica dell'epoca PlayStation 2. È probabile che questo sarà un bene per la produzione, ma bisogna essere disposti ad accettare alcune asperità che caratterizzavano quei videogiochi e che forse - pensandoci bene - definivano proprio il genere dei survival horror, oggi ammorbidito da troppe comodità. La cosa più importante è però che, con tutte le sue ruvidità, Silent Hill f è un videogioco fieramente giapponese.
CERTEZZE
- Artisticamente validissimo
- La storia è interessante, così come il discorso sul ruolo della donna in Giappone
- Un ritorno alle origini autentico
DUBBI
- Il sistema di combattimento non ci ha pienamente convinti
- Alcuni problemi di bilanciamento della difficoltà
- Gli enigmi sono interessanti, ma forse troppo criptici