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Dear me, I was… la recensione dell’agrodolce ritorno del creatore di Another Code

La recensione di Dear me, I was..., un'esperienza breve e preziosa, capace di raccontare molte cose in poco tempo, e che segna il ritorno di un'artista molto apprezzato.

RECENSIONE di Fabio Di Felice   —   03/08/2025
La protagonista di Dear me, I was...

Circa un mese fa, durante la presentazione dei nuovi titoli firmati Arc System Works, una sorpresa ha acceso una fiammella nel cuore dei vecchi appassionati di avventure grafiche, specialmente di quelle pubblicate su Nintendo DS. Questo perché, sin dal primo frame del trailer di Dear me, I was..., era chiaro che al progetto stava partecipando Taisuke Kanasaki, storico artista e direttore della serie Another Code e di Hotel Dusk: Room 215. A questa figura, e alla sfortunata storia di Cing, abbiamo dedicato uno speciale qualche settimana fa. Ciò che bisogna sapere è che Kanasaki non si faceva vedere da diversi anni, e che il suo ritorno - in qualunque forma sia - è una notizia preziosa per un pubblico che lo aveva considerato già un maestro scomparso dal mondo dei videogiochi.

Taisuke Kanasaki ha un tratto grafico molto riconoscibile, dal momento che è uno dei pochi artisti nel mondo dei videogiochi a utilizzare la tecnica del rotoscopio. I suoi lavori precedenti sono stati piccoli thriller adolescenziali, oppure noir dal passo chandleriano, con protagonisti, come Kyle Hyde, capaci di diventare icone con solo due capitoli all'attivo. È facile, quindi, accogliere Dear me, I was... come un videogioco molto piccolo (è lo stesso team a definirlo tale: una "short tale"), ma dal valore inestimabile.

Dear me, I was... è realizzato con la tecnica del rotoscopio e colorato digitalmente per ricreare l'effetto dell'acquerello
Dear me, I was... è realizzato con la tecnica del rotoscopio e colorato digitalmente per ricreare l'effetto dell'acquerello

Il ritorno, però, è solo in veste di direttore artistico del progetto, perché Dear me, I was... non è diretto da Kanasaki, bensì da un'altra persona in Arc System Works che ha molto a che fare con l'artista giapponese: Maho Taguchi. Proprio lei, pochi anni fa, si è occupata del remake dell'opera che ha reso Kanasaki noto presso il grande pubblico con Another Code: Recollection. In questa occasione, i due artisti collaborano a un'avventura piccina, dal costo molto contenuto (circa 8 euro) e dalla durata proporzionata, che tra l'altro arriva per ora in esclusiva su Nintendo Switch 2. Una storia interattiva, dove l'apporto di chi gioca è minimo, ma che si pone un obiettivo molto ambizioso: raccontare una vita senza usare parole, facendo parlare solo la meravigliosa arte di Kanasaki.

Raccontare con le immagini

Data la brevità dell'esperienza e la sensibilità che fa da sfondo all'intera opera, è bene svelare il meno possibile della trama del videogioco. Questo anche perché il titolo di Taguchi e Kanasaki narra una storia semplice, fatta di interazioni umane, di rapporti, di momenti felici e di grandi rimpianti. Una vita raccontata senza clamore, con la delicatezza che si esprime attraverso uno sguardo sempre discreto - come da tradizione narrativa giapponese - attento ai particolari e profondamente agrodolce. C'è nella storia un profondo rispetto per l'esperienza umana che abbiamo visto nei film di Isao Takahata, come Pioggia di ricordi.

Dear me, I was... è la storia di una donna, dalla sua infanzia fino all'età adulta. Con il suo modo di raccontare amabile, è capace di imprimere dolcezza e bellezza anche nei momenti che illustrano parentesi terribili, che ognuno di noi ha affrontato o affronterà nella propria vita. È una parabola semplice, che ci mostra l'infinita oscillazione della vita, e che si esprime attraverso uno storytelling visivo eccezionale ed esaustivo. Anche perché non c'è una singola parola che i personaggi si scambiano durante la storia. Il gioco è completamente senza testo.

Una bella differenza rispetto ai personaggi ciarlieri che Kanasaki ha sempre tratteggiato: il suo Hotel Dusk: Room 215 era talmente simile a un romanzo che si giocava tenendo il Nintendo DS in verticale, impugnandolo come fosse un libro aperto. Sia Another Code che i videogiochi con protagonista Kyle Hyde raccontavano i drammi dei loro personaggi e le loro complessità attraverso dialoghi scritti con maestria. Ma narrare una storia senza alcun dialogo è molto più difficile, specialmente quando si tratta di dotare i personaggi di carattere e di far esprimere loro sentimenti attraverso sguardi, movimenti del corpo, lacrime e sorrisi. Da questo punto di vista, Dear me, I was... fa un lavoro eccezionale, sfumando magnificamente i rapporti e i non detti tra i protagonisti.

In poco meno di un'ora viviamo l'intera vita della protagonista
In poco meno di un'ora viviamo l'intera vita della protagonista

Come ci riesce? Anzitutto con un lavoro d'eccezione sulle animazioni e sulla gestualità dei personaggi che, grazie alla tecnica del rotoscopio, sono sempre in grado di esprimere emozioni molto complesse come il senso di colpa, il rimpianto e la confusione con un'espressione del volto, con un gesto inaspettato, o anche solo con uno sguardo. Poi grazie alla musica di sottofondo, dal momento che il videogioco è accompagnato da una colonna sonora al piano estremamente azzeccata, che sa emozionare nei momenti più intensi e sa fermarsi quando invece deve lasciare che siano le immagini a sottolineare cosa sta accadendo nella scena.

E poi utilizzando dei trucchi narrativi niente male. Ogni capitolo del gioco, per esempio, è introdotto da una piccola sequenza interattiva nella quale bisogna mangiare la colazione. Quando la nostra protagonista è una bambina, il suo pasto è colorato e pieno di frutta; da adolescente è spento, annoiato, indolente. Quando diventerà un'impiegata, la sua sarà una colazione veloce, con l'orologio sullo sfondo a ricordarci che stiamo facendo tardi, e sarà composta solo da una fetta di pane bruciacchiato e da un bibitone di caffè.

I capitoli sono brevi e il ritmo della narrazione è perfetto
I capitoli sono brevi e il ritmo della narrazione è perfetto

Per comunicare le emozioni della scena viene anche utilizzato l'espediente dei colori in acquerello digitale, con i disegni di Kanasaki che prendono vita nei momenti più gioiosi e che si svuotano fino a diventare un sottile tratto in bianco e nero nei frangenti più difficili della protagonista. La forza delle immagini è tale che non c'è bisogno di mezza parola in più per rendere partecipe il giocatore. Ci sono momenti, come quello che è stato utilizzato per la copertina del videogioco, che mi hanno emozionato e perfino commosso.

Una breve esperienza narrativa

D'altro canto, Dear me, I was... è un'esperienza in grado di metterti in difficoltà se vuoi giudicarla come videogioco. Il titolo a cui potremmo paragonarlo è Florence, che raccontava una storia d'amore utilizzando piccoli scampoli di gameplay attraverso dei minigiochi, per sottolineare la routine della vita lavorativa della protagonista e i gesti che caratterizzavano la sua storia d'amore. Dear me, I was... è ancora più asciutto da questo punto di vista. Al giocatore è richiesto solo di toccare lo schermo o di premere il tasto A in alcuni, limitatissimi, frangenti. Le azioni sono molto semplici: si tiene premuto il tasto e si muove lo stick per disegnare un ritratto, oppure per consumare la colazione. Si spinge A imitando il dito che preme il pulsante di scatto di una macchina fotografica. Si mettono e si tolgono oggetti da una scatola. C'è una sola interazione nella quale viene chiesto a chi gioca di fare una scelta, che comunque non ha grandi ripercussioni sul proseguo della storia. Però, ecco, è significativa, e ci sarebbe piaciuto poter avere altri momenti simili.

Le meccaniche ludiche di Dear me, I was... sono ridotte all'osso
Le meccaniche ludiche di Dear me, I was... sono ridotte all'osso

C'è da dire, tuttavia, che la narrazione è talmente azzeccata nel ritmo, nella scansione degli eventi, nell'intensità delle scene più forti, che forse questo racconto non sarebbe stato lo stesso senza quel piccolo apporto che viene chiesto a chi gioca. Studiare il tavolo dov'è disposta la colazione prima di mangiarla, ammirare la tela prima di aggiungere la pennellata finale. Magari aspettare prima di scattare quella foto. Sono tutti momenti che esistono, e sono parte integrante di Dear me, I was... per quanto poco importanti possano sembrare nell'economia del videogioco. Senza di essi non sarebbe stato la stessa cosa.

Dear me, I was... è il classico esempio di un videogioco che è più della somma delle sue parti. È chiaramente rivolto a una nicchia ben precisa, per la quale potrebbe valere la pena vivere questa storia pur al netto delle sue mancanze ludiche. D'altronde non esiste molto che sia simile, soprattutto per lo spettacolo offerto dall'arte di Kanasaki, che qui porta la tecnica del rotoscopio a un livello sopraffino, con alcuni momenti in grado di stupire per l'ispirata qualità artistica che si sposa perfettamente anche con le tematiche del racconto.

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch 2
Digital Delivery Nintendo eShop
Prezzo 7,99 €
Multiplayer.it
7.0
Lettori (4)
7.3
Il tuo voto

Dear me, I was... è un'esperienza narrativa brevissima, che dura appena un'ora, in cui le interazioni di chi gioca sono ridotte all'osso e riguardano brevi "tocchi" che mandano avanti la storia. La narrazione, però, è eccellente, pur senza utilizzare nemmeno una parola. A parlare sono invece le immagini, la straordinaria arte di Taisuke Kanasaki che torna a illustrare un videogioco dopo molto tempo, portando all'apice la sua abilità nella tecnica del rotoscopio e regalando ai personaggi momenti di un'intensità visiva eccezionale. Sicuramente non è un videogioco per tutti, e non è il ritorno che i fan di Another Code e di Hotel Dusk si aspettavano, ma è un affresco agrodolce capace di emozionare con delicatezza. Vale il prezzo del biglietto anche solo per l'ora di bellezza che offre.

PRO

  • L'arte di Taisuke Kanasaki
  • Racconta una storia utilizzando solo le immagini e lo fa alla perfezione
  • L'utilizzo consapevole della musica

CONTRO

  • A livello ludico è molto esile, quasi inesistente
  • Alcuni passaggi della storia avrebbero meritato un approfondimento
  • Ci sarebbe piaciuto fare più scelte