Non avrà proprio lasciato un segno indelebile nella storia dei videogiochi, ma Let It Die, da progetto originale e irriverente, si sta confermando una sorta di idea persistente in Gungho Online. È evidente che questo strano franchise ha ancora del potenziale da esprimere e d'altra parte, se i due capitoli precedenti hanno attirato ben 9 milioni di persone (ma non si sa bene per quanto tempo), una base interessante deve pur esserci. Nonostante Goichi Suda pare abbia sostanzialmente abbandonato la serie, ora interamente nelle mani di GungHo, è chiaro che la sua cifra stilistica resta l'elemento caratterizzante di Let It Die Inferno, che riprende la bizzarra visione originale per costruirci sopra un gioco d'azione roguelite con elementi PvPvE ed "estrazione".
Nelle intenzioni degli sviluppatori c'è la volontà di proporre il meglio di Let it Die e di Deathverse: Let It Die in un'unica soluzione, ed effettivamente in questo Inferno c'è molto dei primi due titoli, ma rielaborati in una forma un po' differente, sebbene la somiglianza si noti tutta.
A tenere tutto insieme c'è il folle mondo costruito originariamente da Suda51 e Grasshopper, che qui appare forse ancora più sgargiante e sopra le righe in una strana commistione tra post-apocalittico, post-moderno e inferno dantesco in versione pop. La caratterizzazione è decisamente azzeccata dunque, ma è supportata a dovere da una struttura di gioco interessante? Vediamo come si siamo trovati alle prese con il gameplay in queste prime impressioni sulla demo di Let It Die: Inferno.
Un enorme buco
Dopo "La Grande Calamità", arrivata proprio dopo la "Furia Terrestre", sulla Terra si è spalancata la Porta dell'Inferno, ovvero una colossale voragine che sfida le leggi della fisica e della logica, dove tutto è possibile.
È qui che si svolge l'azione in Let It Die Inferno: invece di scalare la Torre di Barbs, in questo caso al contrario ci troviamo a dover scendere sempre più in profondità in un enorme buco che custodisce grandi tesori ma anche una quantità inimmaginabile di minacce. Proseguono le citazioni bibliche e letterarie, si potrebbe pensare: la Torre di Babele qui viene sostituita da una discesa verso l'inferno con tanto di livelli progressivi che ricordano un po' i gironi danteschi, ma dall'estetica decisamente più nipponica e "pop-punk". In qualità di nuove reclute Raider non abbiamo proprio una visione completa di ciò che sia successo prima e ciò che si nasconde dentro alla Porta dell'Inferno, ma è nostro compito scoprirlo, lanciandoci nella fossa e morendo a ripetizione.
Lo scopo del gioco è esplorare la voragine cercando di andare sempre più a fondo, perché nel frattempo si è scoperto che in tale pericolosissima zona si annida una quantità enorme di SPLithium, una risorsa estremamente preziosa nel mondo post-apocalittico in cui ci troviamo, e voci parlano di un tesoro inestimabile chiamato L'Occhio del Mietitore che si cela nelle profondità della Porta, come massa concentrata di tale materiale.
Varie compagnie si sono specializzate nell'invio di agenti all'interno della fossa, tra le quali l'Associazione Raider. Abbandoniamo dunque la vita normale (per quanto possa esserlo in un mondo del genere) e la nostra stessa identità per diventare un nuovo Raider, un avventuriero immortale pronto a lanciarsi dalla base orbitante nella stratosfera direttamente nel gigantesco buco infernale, per raccogliere SPLithium e uccidere chiunque ci si ponga di fronte.
La narrazione non è proprio un elemento principale, ma la particolare costruzione del mondo e gli strani personaggi con cui abbiamo a che fare arricchiscono sensibilmente l'esperienza del gioco, dando un certo senso alla continua ripetizione degli eventi tipica dei roguelike. Tra strane fanciulle in lutto, misteriosi uomini mascherati, oscuri cantastorie e altro, c'è una certa spinta a cercare di capire qualcosa di più della bizzarra situazione in cui ci troviamo.
Botte infernali
Una volta scelto il corpo in cui reincarnarci e l'equipaggiamento di partenza, veniamo lanciati con un cannone magnetico nella voragine e da lì parte il loop standard del gioco, che consiste nel cercare la maggiore quantità di SPLithium possibile e raggiungere poi la capsula di salvataggio per tornare integri alla base, con l'aggiunta dunque di un elemento da extraction shooter.
Di fatto si tratta di un gioco d'azione in terza persona con elementi RPG e una progressione tipicamente roguelite, basato su un sistema di combattimento che appare derivato direttamente da quanto visto nei due giochi precedenti. C'è qualcosa dei souls-like negli scontri, che appaiono impegnativi e fortemente legati alle armi che si utilizzano, costringendo ad adeguarci all'equipaggiamento che troviamo in giro e magari specializzarci in qualche tipologia di arma preferita.
Oltre ai vari elementi di "armatura", che appaiono come abiti perfettamente in linea con il bizzarro e variopinto stile del gioco, è possibile utilizzare un'arma per ogni braccio, controllandole indipendentemente con i due tasti dorsali, oltre alla presenza di attacchi in grado di rompere la guardia e mosse speciali.
Il semplice sistema di parata e schivata si basa interamente sul tempismo, ma genera situazioni un po' diverse a seconda degli avversari: contro i nemici gestiti dall'IA, dunque nelle fasi PvE, si tratta di imparare i pattern d'attacco e trovare le giuste aperture per attaccare, ma negli scontri con gli avversari umani che troviamo nel percorso - le componenti PvP - è difficile scovare delle logiche precise e il sistema tende a diventare piuttosto caotico, basato soprattutto sulle abilità specifiche sbloccate dai giocatori e sul fatto di scovare per primi l'avversario in modo da attaccare di sorpresa. Qui entrano in gioco alcuni lievi elementi stealth che consentono di utilizzare elementi di scenario per nasconderci parzialmente alla vista degli altri, ma si tratta soprattutto di abbozzi poco sviluppati.
Progressione roguelite e i vantaggi di un prezzo da pagare
Le caratteristiche degli oggetti equipaggiati influiscono sui movimenti in maniera sensibile, modificando velocità, potenza e agilità in un sistema che appare subito un po' legnoso, ma che restituisce bene il senso di pesantezza dei colpi.
Siamo decisamente lontani dall'azione fluida e stilosa di giochi d'azione di altro stampo, qui si tratta di colpire duro o schivare con un tempismo perfetto, pena l'immancabile morte con viaggio di ritorno alla base sotto forma di spina dorsale-razzo (sì, è veramente una cosa del genere), cosa che in effetti ricorda un po' lo stile dei souls. Le armi che si trovano in giro per la Porta dell'Inferno sono distribuite in maniera casuale, così come le loro caratteristiche, dunque dobbiamo tentare la fortuna e adattarci con quello che troviamo in giro, salvo la possibilità di conservarne alcune in un limitato inventario speciale che si tramanda di morte in morte.
Gli effetti concreti di questa casualità nella scoperta di armi ed equipaggiamenti sono ancora tutti da valutare: un grosso problema dei due giochi precedenti era il fatto di tendere al pay to win, con la possibilità di ottenere vantaggi sugli avversari attraverso l'acquisto di elementi a pagamento, ma in questo senso il fatto che Let It Die: Inferno sia per la prima volta un gioco premium, con un prezzo da pagare (24,99€ per l'edizione standard), potrebbe risultare un vantaggio.
L'idea è che questo sleghi la meccanica del gioco dagli acquisti in-app, o almeno così verrebbe da pensare anche dopo queste prime prove, ancora un po' caotiche per poter analizzare precisamente questo aspetto.
La struttura roguelite consente una costante progressione avanzando di morte in morte, sia come accumulo di punti esperienza da applicare che come bottino da conservare, lasciando in entrambi i casi al giocatore la scelta su come sviluppare il proprio personaggio rispettivamente attraverso l'albero delle abilità e con un'attenta selezione degli oggetti da conservare nel piccolo inventario personale, staccato da quello utilizzato normalmente durante le missioni.
Un mondo colorato ma ruvido
Non ci troviamo ancora di fronte alla versione definitiva, ma con l'uscita fissata per il 4 dicembre si può pensare che la demo messa a disposizione non sia proprio tanto distante dalla build finale.
In maniera simile a quanto detto per i due titoli precedenti, anche in questo caso ci troviamo di fronte a un titolo dotato da una notevole scelta stilistica ma supportato da un impianto tecnico non proprio all'avanguardia. Deriva da una produzione di dimensioni probabilmente limitate, dunque è comprensibile un certo risparmio, ma sia sul fronte della ricchezza grafica che delle prestazioni ci sarebbe ancora un po' da lavorare. Se non altro la direzione artistica si fa vedere in maniera chiara, dal design delle creature a quello degli elementi dello scenario e degli equipaggiamenti, riuscendo in questo modo a compensare un po' anche l'eccessiva ripetizione di asset che deriva dalla costruzione procedurale dei livelli.
L'idea alla base di Let It Die: Inferno è di proporre gli elementi di forza dei due capitoli precedenti in una nuova struttura ibrida che accoglie anche alcune delle tendenze più moderne in ambito PvPvE, e la demo provata ne è una buona dimostrazione. Lo stile generale e il mondo di riferimento restano molto affascinanti e il misto di elementi tra roguelite, action RPG e un pizzico di "extraction" appare funzionante, sebbene decisamente bizzarro, creando un loop di gioco con una scansione di fasi ben ritmata. I dubbi principali sono legati al sistema di combattimento piuttosto legnoso e al bilanciamento, tra l'equilibrio da valutare nel sistema randomizzato delle armi e la grande differenza rilevabile tra PvE e PvP.
CERTEZZE
- Il mondo di Let It Die è sempre intrigante
- Il misto di caratteristiche si amalgama bene con la progressione roguelite
- Stile molto particolare
DUBBI
- Da valutare il bilanciamento del PvPvE
- Il sistema di combattimento può risultare fin troppo legnoso
- Tecnicamente non eccezionale