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Google condannata a pagare 425 milioni di dollari per violazioni della privacy

Una giuria federale ha stabilito che il colosso dovrà risarcire una cifra milionaria per raccolta di dati non autorizzata.

NOTIZIA di Raffaele Staccini   —   04/09/2025
Google

Una giuria statunitense hacondannato Alphabet, la società madre di Google, a pagare 425 milioni di dollari, circa 391 milioni di euro, per avere raccolto dati di utenti che avevano disattivato l'opzione di tracciamento nei propri account.

Il caso, discusso davanti al tribunale federale di San Francisco, mette in luce le tensioni crescenti tra grandi piattaforme digitali e il diritto degli utenti al controllo delle proprie informazioni. Nonostante l'entità del risarcimento sia molto inferiore a quanto richiesto dai querelanti, la decisione segna un passaggio significativo nel dibattito internazionale sul trattamento dei dati personali.

La sentenza contro Google

La causa nasce dall'accusa che Google, nell'arco di otto anni, abbia continuato ad accedere ai dispositivi mobili di milioni di persone anche quando queste avevano disattivato l'impostazione "Attività web e app". La giuria ha accolto due delle tre contestazioni di violazione della privacy, pur escludendo che l'azienda abbia agito con dolo. Questo ha impedito l'applicazione di ulteriori danni punitivi, limitando il risarcimento a meno di mezzo miliardo di dollari.

Una sede Google
Una sede Google

Gli utenti coinvolti nella class action avevano inizialmente chiesto oltre 31 miliardi di dollari, pari a circa 28,5 miliardi di euro, a titolo di danni. Una cifra enorme, che avrebbe avuto un impatto ben più pesante per la società. Un portavoce di Google, Jose Castaneda, ha annunciato l'intenzione di presentare appello, definendo la sentenza il risultato di un fraintendimento sul funzionamento dei servizi. Secondo l'azienda, gli strumenti di gestione della privacy consentono agli utenti di avere pieno controllo sui propri dati e la disattivazione della personalizzazione sarebbe rispettata.

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Durante il processo, Google ha sostenuto che i dati raccolti fossero non personali, pseudonimizzati e archiviati in ambienti separati, sicuri e crittografati. L'azienda ha inoltre dichiarato che tali informazioni non erano associate direttamente ai profili degli utenti né riconducibili a identità individuali.

L'azione legale, avviata nel luglio 2020, ha messo in discussione la relazione tra Google e diverse applicazioni di terze parti, come Uber, Venmo e Instagram. Secondo i querelanti, queste partnership avrebbero consentito a Google di raccogliere informazioni anche quando gli utenti pensavano di avere disattivato il tracciamento. Il giudice distrettuale Richard Seeborg ha certificato il caso come class action, riconoscendo la portata delle accuse: circa 98 milioni di utenti e 174 milioni di dispositivi sarebbero stati coinvolti.

Per gli avvocati che rappresentavano la parte civile, tra cui David Boies, il verdetto rappresenta una vittoria importante. In una dichiarazione, il legale ha espresso soddisfazione per l'esito del processo, sottolineando come la decisione riconosca le responsabilità dell'azienda.

Non è la prima volta che Google affronta controversie legali legate alla gestione dei dati. All'inizio del 2024, l'azienda aveva accettato di versare quasi 1 miliardo e 400 milioni di dollari, circa 1 miliardo e 290 milioni di euro, per chiudere un contenzioso con lo Stato del Texas. Nell'aprile dello stesso anno, aveva inoltre acconsentito a cancellare miliardi di record relativi alle attività di navigazione privata, dopo accuse di avere tracciato utenti che credevano di utilizzare la modalità "Incognito".

Nel frattempo, però, Google non deve vendere Chrome, anche se dovrà condividere i dati con i concorrenti.