Piaccia o non piaccia, il mercato dei videogiochi vive delle regole che vengono scritte, e qualche volta infrante, dalle produzioni più influenti. Gli ultimi otto anni, per esempio, sono stati teatro di una situazione di questo genere: per competere ad armi pari nel settore dei grandi sparatutto di massa è fondamentale mettere sul piatto anche una modalità Battle Royale, così come prescritto in seguito al periodo di dominio incontrastato di Fortnite e PUBG: Battlegrounds, due titoli che per poco non hanno completamente estinto la concorrenza. A imparare per prima quella lezione è stata proprio la serie Call of Duty, che ha concentrato tutti i suoi sforzi e le sue risorse nella creazione prima di Blackout e poi di Warzone, non solo riuscendo a garantirsi un posto nel futuro del genere, ma ritornando a dominare il suo terreno di caccia come un grande predatore alfa.
Se Electronic Arts, attraverso Apex Legends, era già riuscita a piantare una bandierina importante nel mondo delle battaglie reali, è stata costretta a osservare il suo gioiello della corona Battlefield cadere sotto le bordate dei rivali, forse anche in ragione del colpo a salve sparato dal vecchio esperimento della modalità Firestorm. Adesso, però, la corrente ha iniziato a mutare: mentre Battlefield 6 ha fatto registrare il lancio di maggior successo nella storia della serie e gli antichi rivali stanno navigando verso un orizzonte molto incerto, gli Studios guidati dal leggendario Vince Zampella hanno provato a dare scacco al re.
Allora com'è RedSec?
Non esiste un modo più elegante per dirlo: più che il Battle Royale di Battlefield, REDSEC si presenta come "il Warzone 1.0 di Battlefield", dal momento che le similitudini fra le due ricette si spingono parecchio oltre la semplice struttura della partita. Certo, quando si tratta di realizzare la simulazione di una guerra realistica non c'è tanto spazio per fare i salti mortali, difficilmente è possibile inventarsi abilità sovraumane o meccaniche di gioco particolarmente innovative come le abilità speciali dei protagonisti di Apex Legends, perché in fin dei conti si tratta solamente di soldati e delle fredde armi che impugnano. Eppure è evidente che le due modalità rivali condividano lo stesso identico terreno di gioco, pronte a darsi battaglia scommettendo su una serie di piccoli dettagli legati all'architettura e ai sistemi di progressione.
Battlefield REDSEC è una Battle Royale per 100 giocatori che si può affrontare solamente nelle modalità Quad e Duo: allo stato attuale non è ancora possibile giocare in solitaria, il che rappresenta già di per sé un grosso limite per diversi appassionati della formula. Ciascuna partita ha una durata massima di circa venticinque minuti ed è strutturata secondo tutti i dogmi del "genere": una volta selezionata la classe, i giocatori si lanciano armati solamente di una pistola e della dotazione standard, trovandosi costretti a reperire armi ed equipaggiamenti direttamente sul campo mentre, con intervalli regolari, il muro di fuoco noto come REDSEC restringe l'arena, in questo caso eliminando all'istante chiunque sia così sciocco da attraversarlo. Alla fine, ovviamente, rimarrà in piedi solamente il team vincitore.
La mappa di debutto è quella di Fort Lyndon, un vastissimo territorio a destinazione militare che, anche in questo caso, ricorda molto la versione 1.0 di Verdansk, il teatro nel quale Warzone fece il suo debutto sei anni fa. In effetti l'atmosfera ricorda proprio quella delle battle royale embrionali, come una sorta di tavolozza ancora bianca che dovrà crescere e trovare la sua identità nel corso dei prossimi mesi, proprio come capitato a quelle venute prima di lei. La differenza principale si nasconde proprio nelle dinamiche fondamentali della serie di EA: anzitutto, oltre a poter sfruttare veicoli pesantemente corazzati e potenti come i carri armati, i giocatori possono sfruttare lanciamissili, C4 e qualsiasi materiale esplosivo per distruggere liberamente ogni elemento della scenografia, con un impatto ancor maggiore di quanto accade in multigiocatore. Sì, inizialmente quella di rinchiudersi in una villetta potrebbe sembrare un'idea valida come in altre esperienze simili, il problema è che qualcuno potrebbe decidere di farvela crollare addosso.
In secondo luogo, il sistema delle classi e la progettazione delle armi giocano anch'esse un ruolo determinante, ed è proprio in queste piccolezze che si combatterà la battaglia con la concorrenza: la balistica e il gunplay sono quelli tipici di Battlefield e si portano dietro tutte le regole d'ingaggio del caso, la composizione della squadra ha mantenuto tutta la sua importanza, i gadget e le abilità passive hanno preservato il peso della modalità multigiocatore, senza contare la sopracitata presenza di elicotteri d'assalto, di carri armati e della possibilità di radere al suolo interi palazzi. Eppure, nonostante queste unicità, c'è da dire che la formula sta diventando parecchio standardizzata, e questa non è necessariamente una colpa di REDSEC, ma di una struttura che ormai da otto anni si ripresenta sempre uguale a sé stessa.
Le particolarità del gameplay
L'accostamento dell'esperienza a quella offerta da Warzone non deriva solamente dall'ambientazione di Fort Lyndon o dall'atmosfera di stampo puramente militare e realistica, ma soprattutto dalla riproposizione di diverse dinamiche che nel corso degli anni sono state perfezionate da Activision e da altri editori. Anche se, per esempio e per ovvie ragioni, non è presente il "Gulag" che consente ai partecipanti di ottenere una seconda opportunità in seguito alla prima sconfitta, tutti i giocatori iniziano la partita automaticamente dotati di un rientro extra da sfruttare nella prima metà del match. Allo stesso modo, tramite una serie di torri dedicate, è possibile richiamare i compagni di squadra abbattuti anche a match ormai inoltrato, ma in questo caso c'è da dire che l'ispirazione iniziale proveniva proprio dall'Apex Legends di Electronic Arts.
Ad essere state pescate direttamente dalla concorrenza, invece, sono l'equivalente delle "scorestreaks", ovvero attacchi d'artiglieria e radar UAV che è possibile sfruttare in combattimento dopo averli trovati disseminati nell'ambientazione, cambiando parecchio l'approccio ai ripari garantiti dalla scenografia. Lo stesso discorso vale per gli approvvigionamenti che contengono i "loadout" e che di tanto in tanto atterrano a Fort Lyndon, consentendo di recuperare e utilizzare in REDSEC le stesse armi che si sono costruite per la variante multigiocatore di Battlefield 6 ottenendo un vantaggio considerevole. Insomma, chiunque abbia dimestichezza con modalità di questo genere si sentirà subito a casa, specialmente chi proviene dalle sponde di Call of Duty, e probabilmente questo era proprio l'obiettivo inseguito dai team di Vince Zampella.
Detto ciò, c'è spazio anche per qualche novità interessante che spariglia le carte in tavola: le armi che si possono trovare all'interno delle casse, per esempio, offrono un sistema di potenziamento incrementale basato su kit che consente di montare sempre più accessori e incrementarne l'efficacia, regalando molta più dignità al classico loot ambientale. Ma la differenza più grande rispetto alla tradizione risiede nell'integrazione di un sistema di missioni molto più ricco e complesso rispetto allo standard: completando una serie di obiettivi che richiedono d'interagire con l'ambientazione e di esporsi alle minacce, è possibile ottenere ricompense molto impattanti, non solo nella forma delle succitate scorestreaks, ma magari anche di speciali tessere magnetiche con cui mettere le mani su carri armati presso appositi container. Carri armati che, a loro volta, possono essere abbattuti facilmente per mezzo di speciali kit che fanno la loro comparsa verso la fine delle partite, sottolineando il fatto che sia stata riposta una certa attenzione al bilanciamento generale.
Insomma, presentandosi come una grande miscela delle meccaniche di diverse battaglie reali, REDSEC ha pescato le ispirazioni più riuscite e le ha trapiantate nel sistema di Battlefield, scommettendo forte su dinamiche distintive come la distruttibilità degli ambienti e concentrandosi parzialmente sul design del suono. Il risultato è un battle royale molto solido che ha fatto comunque storcere il naso agli appassionati per ragioni più o meno attinenti al gameplay: per fare un esempio la mappa di Fort Lyndon, forte di dimensioni molto estese e di un elevatissimo grado di distruttibilità, fa quasi far brutta figura alle varianti multigiocatore, che nel corso di queste prime settimane hanno dovuto incassare parecchie critiche dagli appassionati della prima ora. Inoltre, al di là della pura e semplice questione meccanica, ci sono diversi elementi di questa Stagione 1 che stanno facendo discutere il pubblico affezionato.
Prime impressioni
Battlefield REDSEC offre un'esperienza battle royale molto solida. Partendo dallo scheletro di quella che fu Firestorm, gli sviluppatori degli Studios di EA sono riusciti a costruire una battaglia reale di stampo puramente militare che è stata evidentemente pensata fin dal momento del concept per competere ad armi pari con l'offerta di Warzone, corteggiando lo stesso identico pubblico di riferimento. Pescando giusto una serie di elementi da altri battle royale come lo stesso Apex Legends di Electronic Arts, REDSEC può fregiarsi di un ritmo dell'azione elevato, di partite dotate di una giusta durata, e soprattutto di quell'atmosfera "classica" che avvolgeva i primi esperimenti del genere, stavolta a tema Battlefield. Fatte queste considerazioni, tuttavia, ci risulta piuttosto difficile parlarne come di una modalità davvero memorabile.
Il motivo è molto semplice: ormai sono otto anni che le battaglie reali monopolizzano il settore degli sparatutto, nel corso del tempo si sono costantemente "rubate" meccaniche l'una con l'altra, e quando l'ambientazione non accomoda innovazioni che possono davvero impattare sul gameplay - cosa molto più semplice nell'ispirazione fantascientifica - è inevitabile trovarsi al cospetto della medesima formula riproposta ancora e ancora, di volta in volta circoscritta a un motore dedicato, a una nuova ambientazione leggermente diversa dalle precedenti, arricchita da dinamiche pescate qua e la. Vogliamo essere chiari: di per sé REDSEC è un ottimo battle royale che ha tutte le carte in regola per intrattenere qualunque appassionato della formula e anche i nuovi giocatori, ma di fatto ricorda molto da vicino la versione embrionale di Verdansk, esattamente come la Verdansk del 2025 ricorda tantissimo tutti gli altri battle royale.
A margine, al momento della scrittura di questo articolo, l'accoglienza del pubblico PC non è stata assolutamente delle migliori, parzialmente in ragione di questioni che al momento non abbiamo riscontrato su console - fra server ballerini e critiche al comparto tecnico - e soprattutto in ragione di rimostranze che si estendono anche al di fuori della dinamica di gameplay. Numerosi appassionati stanno criticando l'approccio di Electronic Arts all'intero pacchetto e alla monetizzazione della prima stagione di Battlefield 6, dell'assenza della modalità in solitaria per REDSEC all'implementazione delle sfide e dei contenuti per il pass battaglia, dalle nuove skin integrate per alimentare l'interesse fino al "trattamento di sfavore" che sarebbe stato riservato al multigiocatore classico.
E l'accoglienza del pubblico rappresenta uno snodo fondamentale in questa guerra fra i colossi che puntano al dominio del mercato. Se, per esempio, Call of Duty è stato criticato tantissimo per il suo approccio "caciarone" alle skin mentre Battlefield ha costruito tutta la comunicazione sul realismo, le prossime settimane ci daranno un'idea di quale sia, dati alla mano, la ricetta vincente. Quel che possiamo dire fino a questo momento è che Battlefield 6 REDSEC pianta una bandiera molto importante per EA: la battle royale funziona, e funziona parecchio meglio rispetto alla sua antesignana Firestorm, anche se si presenta come una sorta di canovaccio 1.0 che, esattamente come successo a tutte le sue rivali, dovrà trovare una dimensione personale, ricevere aggiornamenti, insomma, esser curata a dovere per forgiare un rapporto a lungo termine con il pubblico.
Battlefield 6: REDSEC è un'esperienza solida che, tuttavia, tradisce inevitabilmente la standardizzazione della formula della battaglia reale, avvicinandosi in particolar modo alla rivale Warzone e soprattutto alla versione incarnata da Verdansk 1.0. La mappa di Fort Lyndon è davvero ben fatta, così ben fatta da portare le varianti per il multigiocatore classico a fare brutta figura, dal momento che riesce a far brillare fino in fondo la distruttibilità ambientale e la gestione della balistica tipiche della serie, offrendo partite ben ritmate e divertenti. Al tempo stesso si presenta ancora come un canovaccio bianco, una modalità embrionale, non solo a causa di grandi assenze come quella del matchmaking in solitaria o di alcune discutibili scelte commerciali di EA, ma anche in ragione delle dinamiche già viste, specialmente quelle pescate da Warzone, senza dubbio il rivale messo nel mirino dal team di Vince Zampella. Si tratta di una battle royale che "fa il suo" e lo fa anche piuttosto bene, ma è difficile ipotizzare quanto e come potrà reggere alla prova del tempo, specialmente perché tutta la categoria nell'insieme sta perdendo un bel po' di mordente.
CERTEZZE
- La mappa di Fort Lyndon ricorda le battle royale vecchia scuola
- Fa brillare tratti della serie come la distruttibilità ambientale
- Meccaniche interessanti come le missioni e il sistema di power-up
DUBBI
- Pesca davvero tanto da Warzone e da altre battaglie reali
- Gestione di Electronic Arts e integrazione dei contenuti discutibile
- Riuscirà a reggere nel lungo periodo? E le battle royale reggeranno?